Abstract di Anna Maria Cavani

SCHEDA
Autori: Zucconi Guido
Titolo: La città dell’Ottocento
Editore: Editori Laterza, collana Storia della città
Sede: Roma-Bari
Anno: 2001
Genere: saggistica, pianificazione urbanistica e aspetti architettonici
Argomento: storia dell’urbanistica e urbanizzazione nel XIX secolo
Biblioteche: Reperibile in molte biblioteche di Bologna, quali ad esempio la Biblioteca Sala Borsa (inv. BSB 44868, coll. S 711 ZUCCG), la Biblioteca Universitaria (inv. 589660, coll. T 10001/589660), la Biblioteca dell’Archiginnasio (inv. 703161, coll. 20. F.00 02922), la Biblioteca dell’Università di Bologna di Discipline storiche (inv. 32430, coll. ESAMI 000000000121) , di Discipline Umanistiche (inv. 47448, coll. ESAMI OO00 01398) e la Biblioteca “Supino” del Dipartimento delle Arti visive (inv. 20365, coll. ESAMI NP O 711.4 ZUC).

ABSTRACT
Come indica il titolo dell’opera, questo testo analizza, attraverso aspetti non solo urbanistici, l’evoluzione della città, principalmente europea, nel corso dell’Ottocento. L’autore vuole spiegare da dove nasce la città che oggi abbiamo imparato a conoscere, la città che vediamo intorno a noi, la città che abbiamo ereditato, perché è nel XIX secolo che prende forma ciò che siamo abituati a vedere, è nel XIX secolo che si è impone quella specifica struttura urbanistica portata da un impulso dinamico che sarà fornito dalla demografia, prima che dall’economia. Infatti nel corso del secolo la popolazione europea raddoppierà il suo numero dando luogo a concentrazioni di popolazione e di risorse nei centri urbani.
Il primo capitolo (pp. 23-47) analizza la forma e i limiti della città, si concentra quindi sul sistema murario e sulla sua evoluzione, infatti la sua demolizione indica comunemente il passaggio dal periodo moderno al contemporaneo. Avendo perso rilevanza la funzione difensiva, era necessario ridimensionare la cinta riducendo drasticamente la funzione di limite fisico grazie ad aperture di varchi, passaggi, e la creazione di passeggi alberati (come il paseo del Prado a Madrid o il Ring di Vienna). L’area delle spianate intorno alle mura divenne edificabile ed iniziò così a svilupparsi quell’inurbamento collocato aldilà delle mura, lungo le linee dell’espansione edilizia che lo sviluppo dell’economia e dei trasporti ha favorito. Alla cinta muraria si sostituisce così una linea a volte invisibile denominata cinta daziaria, utile al controllo fiscale e alla demarcazione amministrativa.
Sulla tracce delle antiche mura si formano sempre più frequentemente degli anelli viari chiamati ring, circular road, boulevard périphérique, circonvallazione, ma questa valida utilizzazione sarà possibile solo se saranno fugati problemi di proprietà che spesso avvolgono i territori di cinta, questo esproprio avverrà dopo la Rivoluzione francese e le insurrezioni del 1848. In questo capitolo si passa poi ad analizzare l’evoluzione di due importanti capitali europee, Parigi e Londra, queste vengono poste a confronto come due differenti esempi di sviluppo urbanistico. La prima subì uno sventramento che aveva l’obiettivo di avvolgere la città in una maglia di percorsi che ne raccordassero i luoghi nodali, le stazioni ferroviarie di testa, i luoghi della tradizione, come il Louvre, l’Île de la Cité e la Sorbona, ed i nuovi capisaldi della città capitale come le Halles e l’Opéra. L’obiettivo principale era sviluppare una trama viaria degna di una capitale imperiale, sia per facilitare le comunicazioni sia per impedire la protezione dei rivoltosi negli stretti vicoli del centro durante le insurrezioni cittadine, avvenimento ripetuto più volte nel XIX secolo. Fu in questo contesto che si decise di allargare la circoscrizione della città arrivando ad includere gli attuali venti arrondissement, confine che segna tuttora il limite fra centro città e banlieue parigine.
Se Parigi rappresenta lo sviluppo promosso da mano pubblica con una piccola partecipazione dei privati, per Londra vale il discorso opposto: la trasformazione che investì la capitale inglese dipese direttamente dagli interessi della proprietà fondiaria e degli investitori immobiliari. Anche i reali inglesi operarono sul mercato immobiliare con gli stessi obblighi e diritti degli altri proprietari. La mancanza di uno schema generale e di una volontà unificatrice come quella di Napoleone III portò ad un carattere policentrico e all’esaltazione di particolarismi; i quartieri londinesi, i boroughs, hanno consolidate ed indipendenti fisionomie locali, non corrispondono agli arrondissement parigini, spicchi casuali di un’identità indivisa, unificata ancor più dallo stile edilizio ripetuto sui 164 km di nuove strade costruite sotto il prefetto Haussmann.
Il secondo capitolo (pp. 48-68) ci pone un problema fondamentale che nell’Ottocento acquista sempre più rilevanza: come descrivere e restituire i caratteri della grande città?
Per la prima volta si mira ad un approccio “oggettivo”, vengono utilizzate fotografie, rappresentazioni topografiche, dati statistici, descrizioni dettagliate che analizzano le attività economiche, la distribuzione della popolazione, la diffusione delle malattie. La realizzazione di una dettagliata cartografia permette il compimento di opere di ristrutturazione dell’assetto urbano e la migliore attendibilità planimetrica delle mappe ne accresce la diffusione fra la popolazione. Fondamentale diviene anche l’utilizzo di indagini statistiche che permettono di evidenziare i problemi su cui l’autorità cittadina è chiamata ad intervenire, il detto conoscere per governare, infatti si diffonde enormemente nel periodo napoleonico. Queste indagini mettono, ad esempio, in rilievo lo stretto legame fra la sproporzionata sovrapposizione e l’esplosione di malattie a carattere collettivo come il tifo, la tubercolosi e il colera.
Il capitolo successivo (pp. 69-90) analizza le linee, le reti e i flussi della città ottocentesca, e si sofferma sulle linee di collegamento, sulla regolazione delle acque urbane e sugli altri sevizi a rete come il gas per l’illuminazione pubblica e le fognature.
Al tempo, uno degli obiettivi primari era mettere in comunicazione nel minor tempo possibile gli estremi della metropoli, perciò in ogni grande città vengono realizzate delle direttrici fondamentali di attraversamento (spesso corrispondono al cardo e decumano romano, altre volte sono di nuova creazione). Dal 1840 in poi la stazione ferroviaria assume un fondamentale rilievo ed anche la viabilità cittadina deve tener presente questo ulteriore soggetto urbano. Corrispondenti alle linee viarie vengono posati anche chilometri di linee fognarie, interventi ampiamente desiderati in ogni città, sia per la diffusione dell’acqua, che sparisce dalla superficie e si ritira in condotti sotterranei, sia per il risanamento igienico che una nuova rete fognaria porterà nelle metropoli, il metodo più utilizzato sarà la fognatura “a scorrimento” che utilizza il deflusso di un fiume per ripulire le acque nere della città, ma perché funzioni in modo accettabile le acque devono raggiungere una congrua velocità di scorrimento, e ciò è realizzabile solo se tutte le parti del sistema interagiscono fra loro (pendenze, snodi, sezioni di condotti). Anche il gas illuminante, un distillato del carbone, viene distribuito da una rete ed utilizzato per illuminare le piazze e le vie più prestigiose di Londra e Parigi già dal 1818 e 1819. Un’ulteriore rete che si sviluppa è quella dei trasporti che utilizzando le migliori condizioni stradali permette ad un numero sempre crescente di persone di attraversare la città in tutta la sua estensione, cosa non immaginabile fino a pochi anni prima.
Il quarto capitolo analizza le nuove attrezzature urbane (pp. 90-109) ed inizia riflettendo sull’usanza secentesca e settecentesca di concepire i maggiori edifici storici, politici e religiosi come fulcro di risistemazioni urbane, dei punti fissi da cui partire per il disegno delle nuove città. Accanto a questi però nuove entità emergono ed acquistano una rinnovata valenza urbana: il teatro, il museo, la biblioteca, l’università, infatti quest’ultimi ledono il predominio che l’edificio di culto religioso aveva rivestito fino ad allora. La Chiesa, durante l’Ottocento, perde quel ruolo di aggregazione che aveva mantenuto nella città di ancien régime, anche se consolida il suo significato di monumento cittadino finalizzato ad una identità municipale insieme al palazzo comunale ed al teatro. Per contro è proprio il palazzo comunale che assume sempre più importanza, infatti si studiano particolari fattezze architettoniche, principalmente si utilizza lo stile neoclassico e rinascimentale, ma si realizzano anche ampliamenti e rilocalizzazioni, ad esempio a Parigi si erge l’imponente Hôtel de ville e lo si pone proprio al centro della grande croisée voluta da Napoleone III.
Terzo polo della nuova identità municipale, è il teatro, che diventa accessibile anche ad un pubblico borghese e diventa la principale scena d’incontro cittadina. L’edificio diventa lo sfondo di nuove piazze e perno su cui si dispongono nuovi isolati, tanto da determinare il nuovo baricentro della città. Nei casi in cui il teatro è preesistente ed incastonato nel tessuto urbano, la necessità di ingrandimenti, accessibilità e rappresentatività generano squarci nel tessuto urbano per creare slarghi, piazze e vie di accesso adeguate alla nuova funzione assunta.
Nel capitolo seguente vengono esaminati i temi del luogo dell’abitare e del lavoro (pp. 110-133), in primo luogo si riscontra la differenza fra lo stile londinese e parigino; oltre la Manica la maggiore libertà concessa all’imprenditore immobiliare produce effetti macroscopici sulla forma urbis, come ad esempio nessun vincolo volumetrico nella struttura degli edifici, al contrario nell’Europa continentale assistiamo alla realizzazione in serie di grandi blocchi residenziali; sotto la legge del profitto prendono forma i grandi blocchi composti dalla case di pigione, alloggi spesso identici per taglio e dimensione. Negli immobili multipiano dominano infatti quei criteri che permettono all’imprenditore immobiliare il massimo sfruttamento del suolo (la massima superficie coperta, la massima altezza consentita, il minimo consentito in materia di igiene, corti interne e vetrate ridotte al minimo). Queste caserme d’affitto sono la risposta ad un bisogno drammatico quanto improvviso di alloggi a buon mercato. E’ solo alla fine dell’Ottocento che nasce un altro protagonista della città contemporanea, il grattacielo, uno spettacolare palazzo per uffici, un nuovo protagonista della scena urbana; questo processo è infatti alimentato da un deciso incremento delle attività terziarie che porterà alla spettacolarizzazione di questo nuovo tipo edilizio.
L’ultimo capitolo prende in esame i luoghi dell’utile e della cura (pp. 134-159) ed analizza la struttura di ospedali e scuole, nel XIX secolo non si costruivano nuovi edifici con questo scopo, ma si riadattavano i preesistenti, come vecchi conventi o monasteri dismessi (specialmente durante la laicizzazione degli edifici pubblici avvenuta nel periodo napoleonico). Si passano poi in rassegna i luoghi del commercio soffermandosi sulle gallerie commerciali, famosissimi sono i passages parigini e gli arcades londinesi e newyorkesi, nonché i grandi magazzini che a partire dal 1860 si diffondono da Parigi in tutta Europa. Il capitolo si conclude analizzando i nuovi luoghi della città ottocentesca: le stazioni ferroviarie, le esposizioni universali, i luoghi per la cura del corpo e la nascita di nuovi centri, le città balneari.

Parole-chiave: CINTA MURARIA, LINEE FOGNARIE, LINEE VIARIE, LONDRA, OTTOCENTO, PALAZZO COMUNALE, PARIGI, TEATRO, URBANISTICA.

UTILIZZAZIONE
L’opera, firmata da un docente di architettura dell’Università di Venezia, si concentra sul rapporto fra urbanistica e architettura, tra storia e conservazione nel XIX secolo, ma non è mai troppo tecnico o settoriale, al contrario il lessico utilizzato è semplice e diretto, e nonostante vengano fornite informazioni molto particolareggiate, il discorso si snoda in chiari ragionamenti in cui il lettore viene guidato da innumerevoli esempi di facile comprensione.
Nonostante l’opera sia destinata per lo più a studenti o ricercatori universitari la sua lettura potrebbe essere indicata anche nelle scuole secondarie di secondo grado, soprattutto perché i vari temi trattati sono mantenuti separati e fruibili indipendentemente.
Ulteriori approfondimenti forniti da questo testo sono le interessanti schede di analisi di edifici poste al termine di ogni capitolo. Queste schede della lunghezza di una pagina ciascuna, approfondiscono la struttura, la funzione e la storia dei principali edifici citati nel capitolo, qui vengono poi riportate le informazioni principali ed anche immagini grafiche che si riferiscono alla struttura architettonica dell’edificio esaminato.
Le rappresentazioni cartografiche, sono molto ricche di particolari e corredate da esplicative legende, le immagini sono esclusivamente in bianco e nero ma la qualità dell’illustrazione è sempre di ottimo livello, come lo sono anche le rappresentazioni grafiche. L’edizione da me consultata risale al 2001 ma nel 2007 è stata pubblicata una nuova edizione che non ho avuto modo di visionare.

Anna Maria Cavani (A043-A050)

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