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SCHEDA
Autori: Arsenio e Chiara Frugoni
Titolo: Storia di un giorno in una città medievale
Editore: Editori Laterza, «Robinson/Letture»
Sede: Roma-Bari
Anno: [1997] 2007
Genere: monografia, urbanistica medievale, storia sociale
Argomento: aspetti di vita quotidiana nelle città italiane del bassomedievo
Biblioteche: personale. Facilmente reperibile in molte biblioteche dell’Emilia-Romagna, quali ad esempio le Biblioteche dell’Università di Bologna collegate ai Dipartimenti di Discipline Storiche (inv. 24061, coll. VIII B 00000000000759) e Paleografia e Medievistica (inv. 13163, coll. MAN 1 0000000001519), la Biblioteca Classense di Ravenna (inv. 331129, coll. DEWEY 940.1 80; inv. 318810, coll. COLL. LA. 002 145) e la Biblioteca della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna (inv. 5495, coll. BIBLIO 940.17 FRUA) .
ABSTRACT
La città medievale è davvero l’espressione di una grande epoca della storia italiana, sia che si guardi alle città marinare (Venezia, Genova, Pisa), dominatrici con le loro navi dei traffici del Mediterraneo e presto ricche di lontane colonie commerciali e di possedimenti, sia che si guardi alle grandi città delle industrie fiorenti della lana, della seta, delle armi, dei potentissimi banchi, sia che si guardi alle città più piccole, ma ricche di splendide opere d’arte.
Utilizzando un linguaggio semplice e lineare, il testo preso in esame affronta il modo di vivere una giornata qualsiasi, tra XI e XII secolo, “in una di quelle città tutte serrate l’una all’altra”, di cui in Italia si possono ritrovare numerosi esempi.
Nel pensiero collettivo, l’immagine ideale di una città italiana del Medioevo si arricchisce di elementi pittoreschi che non sempre corrispondono alla sostanza della realtà storica. Proprio in questa direzione si muovono quindi gli Autori del libro, intenti a scardinare immagini stereotipate di ambienti urbani e stili di vita per un’epoca che, agli occhi di molti, si presenta ancora piuttosto oscura. L’affollamento di case entro mura ristrette, torri di colore scuro e vie strette e tortuose sono solo aspetti parziali di una realtà molto più complessa e variegata.
Il primo capitolo, che segue l’introduzione di Arsenio Frugoni e dà avvio al racconto di una giornata in una città medievale, è dedicato alla scansione del tempo nel Medioevo, espressa attraversi l’analisi iconografica di alcune miniature dei secoli XIII-XV. Si tratta di raffigurazioni articolate, scandite da riquadri che raffigurano alcuni momenti della vita quotidiana (il ciclo delle attività agricole, il ciclo religioso, il ciclo delle stagioni). Tuttavia, fra il tempo come rappresentazione ciclica della fatica umana e la rappresentazione della natura “come un quadrante d’orologio”, si innesta un terzo tempo, quello della città. Qui, al posto del tempo atmosferico e del succedersi delle stagioni, al posto del lavoro agricolo che costringe l’uomo a seguire il tempo, in città ci sono le azioni dell’uomo, il lavoro diversificato, specializzato, innovativo, azioni che costruiscono un tempo diverso da quello della fatica: il tempo della memoria.
Ad un primo capitolo introduttivo segue un secondo, che entra nel vivo dei temi annunciati dal titolo e dall’Introduzione al volume: “La strada che porta in città”. Attraverso un excursus sulle testimonianze storiche dell’epoca, che sottolineano da diversi punti di vista il valore simbolico, sacrale e religioso della città nel Medioevo, ci si avvicina a questa complessa realtà urbana, immaginando proprio di percorrere una di quelle strade che conducono fin sotto le sue mura. Le mura e le porte, infatti, proteggono proprio come i muri e le porte della propria abitazione: ispirano dunque nei cittadini un sentimento di sicurezza. Anche qui l’Autrice, affronta l’argomento ricorrendo sia a racconti e testimonianze orali dell’epoca, sia all’analisi iconografica delle miniature e degli affreschi che, pur essendo fonti mute, riescono – attraverso le parole dell’Autrice – a offrire al lettore suggestive narrazioni di vita quotidiana.
Mura e porte, tuttavia, non erano ritenuti una difesa sufficiente a garantire la sicurezza degli uomini. Per tutte le azioni umane, nel Medioevo, era sentito decisivo il sostegno celeste, e in particolare della Vergine, di San Cristoforo e San Giuliano. Chi viaggiava, chi si spostava per i propri commerci o per compiere un pellegrinaggio, si sentiva in uno stato di perenne precarietà, esposto agli assalti di lupi, cani randagi, briganti e armati, mossi da guerre e guerriglie di ogni genere. L’Autrice evidenzia come le guerre, la morte, la distruzione – sia in città che in campagna – siano temi costanti e ricorrenti negli affreschi dell’epoca, tra i quali basti ricordare il Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti.
Anche l’efficienza della rete di comunicazione, portatrice di ricchezza e di vita, era sentita altrettanto indispensabile per la vita cittadina e, per questo, veniva mantenuta in ottimo stato, sgombra da ogni pericolo. Le strade erano indispensabili per approvvigionare la città di derrate alimentari e rifornire il mercato cittadino. Le fonti insistono molto su questo aspetto: la popolazione, ammassata dentro le mura, sentiva l’agibilità dei percorsi viari come essenziale alla sua stessa sopravvivenza.
Nella città medievale descritta dagli Autori avremmo avvertito, una volta oltrepassata la porta delle mura (Capitolo 3), odori contrastanti, alcuni anche decisamente sgradevoli; avremmo udito versi di animali, rumori di carri, scalpiccio di cavalli, rintocchi di campane, voci della gente: rumori e odori diversi secondo le strade e le piazze, i giorni di lavoro e di festa.
Dalle nostre città moderne – immerse nel traffico e nell’inquinamento – sono sparite le voci degli artigiani, che spesso accompagnavano il loro lavoro fischiettando o canticchiando, ma anche le grida dei merciai ambulanti, con la loro mercanzia gradita alle donne e agli uomini che l’acquistavano per donarla alle loro dame. A queste voci si associavano nel Medioevo, secondo codici precisi, i rintocchi delle campane, che ritmavano il giorno e la notte, annunciavano le adunanze politiche e le feste, avvertivano se qualcuno entrava in agonia “in modo che il popolo, ascoltando quei suoni, si raccogliesse in preghiera”, stabilivano che il giorno era finito e il momento in cui coprire o spegnere il fuoco per evitare incendi.
Un flusso quotidiano animava la città. Si stava molto nelle strade e insieme, fra vicini. I commercianti e gli artigiani avevano per lo più la bottega al pianterreno della casa in cui vivevano, ed esponevano i loro prodotti sulla strada, su banchi di legno o in muratura che facevano corpo unico con l’abitazione. La fame di spazio degli interni spingeva a protendersi fuori; le strade si facevano sempre più strette, anche se più animate, perché davanti ai banchi si fermavano uomini e donne a comperare pesce, carne, verdura, pane, ma anche mobili, utensili da cucina e stoffe; insomma, un po’ di tutto.
Data la ristrettezza di case e botteghe, si stava gran parte del tempo all’aperto: si ascoltavano le prediche e le novità, si assisteva agli spettacoli dei giocolieri e degli animali ammaestrati, alle punizioni dei colpevoli, spesso atroci. Le piazze e le strade erano attraversate da mucche, asini, cavalli, muli e maiali , che lasciavano deiezioni fumanti, ma anche da greggi di pecore e capre, dove razzolavano galline e oche.
Non mancavano tuttavia, anche in un giorno qualsiasi, spettacoli impressionanti: poveri e lebbrosi (esclusi dalla città), sporchi e sfigurati, le piaghe, il cattivo odore di chi è costretto a vagare senza potersi concedere un cambio d’abiti o il ristoro di un bagno. A questi si associava la punizione pubblica dei condannati, esposti, nei migliori casi, al dileggio e agli insulti degli astanti, ma spesso condannati a pene assai dure, quando non atrocemente torturati nel tragitto verso la morte, perché le loro grida si imprimessero bene nella mente dei cittadini e li ammonissero ad una diversa condotta.
Medici, speziali e donne- streghe completavano il ritratto di una città dell’Italia medievale, visitata in un giorno qualsiasi. Sia medici che speziali erano ben consapevoli dei limiti dei loro rimedi, per cui gli uomini preferivano ricorrere all’intervento divino, ritenuto troppe volte indispensabile. Tuttavia, prima che a Dio, gli uomini preferivano far giungere le loro preghiere a santi intercessori. Era molto rassicurante, infatti, il pensiero di potersi affidare alla protezione invisibile, ma efficace, del santo che veglia sempre sul suo devoto, anche nel caso in cui era del tutto evidente l’azione risolutiva dell’intervento umano.
In città, era frequente che fossero le donne a intervenire in prestazioni di tipo medico per curare malattie femminili, assistere ai parti, occuparsi del primo bagno del neonato, capaci – se necessario – di preparare le medicine adatte. Più che stregoni, il Medioevo produsse streghe, accusate di fabbricare unguenti magici e di compiere malefici, soprattutto nei confronti di bambini piccoli. Ma l’esperienza e l’abilità delle donne in ostetricia e ginecologia erano troppo preziose perché venissero costantemente mal giudicate.
Nel Medioevo ci si muoveva, insomma, in una natura le cui leggi in gran parte sfuggivano, si percepivano fenomeni di cui si ignoravano le cause, mentre d’altra parte era fortissimo il condizionamento della religione, polo di riferimento per ogni azione umana. Ambiguo è il confine tra fede e superstizione, fra incantesimo e miracolo, quando angeli, demoni e santi sono sempre presenti, pronti a punire e ad aiutare. L’attesa del soprannaturale e dell’aldilà spiegano, almeno in parte, l’approvazione alla caccia alle streghe, ritenute tali non solo dall’Inquisizione che le interrogava, le torturava e le giudicava, ma anche da chi le conosceva bene come innocue vicine, ma sempre pronto a ricredersi.
I bambini, fin da piccoli affidati alla cura delle donne, divengono a questo punto del testo protagonisti del racconto dei capitoli 4 e 5 del volume, in cui l’Autrice si sofferma a riflettere sulla presenza in città dei più piccoli della società, quali ultimi destinatari dell’esperienza urbana che, nel Medioevo, coinvolge qualsiasi aspetto della vita quotidiana. L’importanza della culla, che seguiva il bambino anche negli spostamenti della famiglia, i suoi primi passi con un girello a ruote e i giochi medievali con cui i bambini si intrattenevano una volta capaci di camminare e di correre sono alcuni aspetti positivi dell’infanzia che, però, contrastano con la speranza di vita infantile, piuttosto breve, il lavoro minorile e il furto dei più piccoli al fine di ottenere un riscatto o farne schiavi.
Anche all’istruzione gli Autori dedicano un ampio spazio della trattazione. In molte famiglie i bambini non avrebbero mai imparato a leggere o scrivere, né da piccoli, né da grandi. Ma in una famiglia di mercanti del Trecento, sia l’uomo che la donna erano alfabetizzati. In braccio ai genitori il bambino manipolava, toccava, portava alla bocca, e a questi gesti associava la memoria visiva per un apprendimento precoce alla lettura. Imparare a leggere significava, inoltre, imparare un’altra lingua, il latino, e cominciare a ricevere un’educazione religiosa. Anche le bambine andavano a scuola; più spesso però passavano il tempo a prepararsi per diventare brave mogli e donne di case. Le donne leggevano per svagarsi, oppure per pregare. Frequente l’uso degli occhiali, invenzione accolta con entusiasmo alla fine del Ducento.
Dopo un’ampia panoramica dei protagonisti, degli odori e dei suoni della città, l’Autrice conclude la storia di un giorno in una città medievale osservando lo svolgimento della vita quotidiana all’interno delle mura domestiche (illuminazione, cucina, approvvigionamento idrico, igiene, bagni pubblici…)

Parole-chiave: CITTA’, MEDIOEVO, TEMPO, SICUREZZA, MURA, STRADA, BOTTEGA, CAMPANE, PIAZZA, ANIMALI, POVERI, LEBBROSI, INTERVENTO DIVINO, DONNE, BAMBINI, ISTRUZIONE, CASA, ILLUMINAZIONE, ACQUA.

UTILIZZAZIONE
Il testo presenta un linguaggio molto semplice e chiaro, fruibile sia a livello universitario che a livello di scuola secondaria di 2° grado e, in particolare, da una classe terza di un Istituto tecnico o industriale. Alcune temi, che nel libro insistono particolarmente sull’analisi delle fonti, potrebbero essere affrontati in classe attraverso metodologie laboratoriali, mentre altre parti, più narrative, potrebbero costituire vere e proprie letture di approfondimento sulla vita cittadina dei secoli XI-XII. La presenza di tematiche legate alla vita cittadina dei bambini nel Medioevo e al loro accesso all’istruzione offre – con opportuni adattamenti didattici - spunti significativi anche all’insegnante della scuola secondaria di 1° grado. Il libro si presenta, infine, una lettura utile e consigliabile per la formazione personale di qualsiasi docente, che può attingervi sia per i contenuti, sia per l’analisi delle fonti dell’epoca, sia per l’utilizzo dell’apparato iconografico contenuto al suo interno.
Marilisa Ficara (A043-A050)

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